Maestro SINOPOLI, amare Mahler, capire Mahler…
Credo che Mahler possa essere molto più amato che esattamente capito. Può essere capito da persone che abbiano profonda assuefazione al pensiero e alla cultura mitteleuropea, certamente non da coloro che vivono la provincializzazione di questa cultura nei salotti milanesi. Ma di più può essere amato e forse qui è la ragione del suo successo presso il pubblico. Ci appartiene, riflette a diversi livelli di coscienza le rotture che noi viviamo con il passato ogni giorno del nostro presente.
Dirigere Mahler?
Io tento di farlo capire di più, perché capendolo si può amarlo di più, Per questo tengo volentieri lezioni-concerto. Spiegare i labirinti del pensiero malheriano al pubblico è più facile che far capire a una certa critica italiana, spesso provinciale, che il vero o il falso, la tradizione o la rivoluzione, il passato o il Presente sono concetti che in Mahler si rispecchiano frontalmente l’uno nell’altro fino a perdere i contorni esatti e uscendo fuori dagli schematismi cattolico-marxisti che inquinano ancora oggi il pensiero critico Italiano.
Come lo s’interpreta oggi?
Le maniere in cui oggi schematicamente, riduttivamente, si interpreta Mahler sono due: una di tipo analitico, e castrante, che fa di lui un autore più o meno dello stesso livello di Prokofiev; cioè una lettura in cui si crede che il contenuto si identifichi perfettamente con le strutture che lo sottendono. L’altra è una lettura emozionale, hollywoodiana, tesa soprattutto a mettere in risalto le apparenti cantabilità e euforie megalomaniache delle partiture di Mahler.
Sinopoli propone un’alternativa?
Quella di creare un continuo confronto tra i materiali storici mahleriani, usati al di là della loro funzione storico-grammaticale, e le ragioni del richiamo o della rievocazione di questi materiali. Di evidenziare insomma il disagio tra gli oggetti di rifiuto, la macerie dei Landler, i fantasmi delle trombe delle caserme austriache, gli ostinati funerari che come pendoli neri di morte si muovono in parallelo coi movimenti della culla, in una parola quel disagio così angosciante tra le spinte regressive in senso psicoanalitico di Mahler, che superando il limite dell’infanzia all’indietro coincidono col vuoto e quindi con la morte, e una volontà tutta storica di comportare, dunque di ricomporre un’identità dell’io.
SINOPOLI: AMATE MAHLER
La Stampa del 6 ottobre 1983
di A.S.