1974 – Klaviersonate

Vienna 1974

Dedicato a Katia Wittlich

Prima esecuzione

Royan, Festival Internazionale d’arte contemporanea di Royan, 26 marzo 1974 – Käte Wittlich, pf.

Durata: 12’

Edito da Ricordi (partitura n. 132181)

Altre esecuzioni

– Darmstadter Ferienkursen 1976, pianista Kate Wittlich.
– Hannover, Norddeutschen Rundfunk (Germania) 21 giugno 2002, pianista Silvia Cappellini.
– Roma, Associazione Romana Musica Sacra e Religiosa, Passeggiata di Ripetta, 20 dicembre 2002.
– Terni, Associazione Filarmonica Umbra, 17 marzo 2002, pianista Silvia Cappellini.
– Taormina, Giuseppe Sinopoli Festival, Palazzo dei Congressi, 20 ottobre 2007, pianista Andrea Lucchesini.
– Roma, Filarmonica Romana, 17 aprile 2016, pianista Silvia Cappellini
– Torino, Accademia Corale Stefano Tempia, Teatro Vittoria, 19 marzo 2018, pianista Silvia Cappellini

Note dell’autore

Note su Klaviersonate

Ho deciso di scrivere una Sonata per Pianoforte un anno fa, a Royan, dopo aver sentito per la prima volta la Sonata di Jean Barraqué.
Una spiegazione completa e chiara dei principi di composizione sui quali si basa quest’opera è forzatamente limitata per mancanza di spazio.
Il problema principale è quello posto dallo studio delle “regioni armoniche”.
Con questo termine, voglio indicare un insieme di suoni limitato quantitativamente in rapporto al totale cromatico e costituito, in questo caso, da un insieme di suoni generato da una matrice di accordi di tre suoni
Queste matrici di accordi sono concatenate dallo stesso principio che fa loro generare le regioni armoniche.
Nel caso specifico, il principio consisteva a evitare i primi suoni armonici (ottava, quinta e quarta).
Le matrici di intervalli sono rappresentate da una sequenza di dieci accordi, di cui tre sono costituti da tre suoni e sette d a due suoni, secondo un sistema di relazioni di intervalli simmetricamente complessi.

(2+2-7-3-) (7-) (3-7-2-2+) (3+7-) (2-) (2+3-) (2+3-) (2+) (2+6-) (3+) (6-3-) (6-) (2-) (6-) (2-2-) (3+)

Ogni matrice genere una “regione” costituita dai suoni della matrice stessa, più quelli che essa genera secondo il principio di partenza.
Arriviamo così a dieci “regioni armoniche” che contengono ogni una un numero limitato di altezze in rapporto alle dodici del totale cromatico.
Il contenuto in suoni di queste regioni varierà naturalmente a seconda della variabilità della matrice di accordi che li genera e la nuova regione conterrà di conseguenza suoni estranei alla precedente, e così di seguito fino a quando le dieci matrici saranno state esposte.
La prima sezione della Sonata presenta due sequenze di matrici esposte contrappuntisticamente a due voci.
La prima voce espone la prima sequenza delle dieci matrici fondamentali, che si susseguono senza pausa intermedia, da un valore di sette pulsazioni temporali per ognuna di esse, la cui durata in senso assoluto sarà tuttavia differenziata, le cifre del metronomo essendo di pari misura in rapporto ai segmenti delle durate stesse (3 nere puntate = 80; 4 nere puntate = 53,4 etc.).
La sequenza terminerà con una pausa di due unità che apre, all’inizio della sezione, come canone all’inverso, la seconda voce, che espone una sequenza di matrici derivate, con valore di pulsazione di durata variabile, e inframmezzata da pause di valore variabile.
Ogni matrice delle due sequenze genererà, secondo pulsazioni variabili in termini di dinamiche di metronomo, e secondo un ordine di cui la complessità esigerebbe troppo spazio per poterlo spiegare dettagliatamente, le regioni armoniche rispettive, una regione di una prima sequenza sovrapponendosi tal volta a una regione di una seconda sequenza, ciò che origina una sovrapposizione di terze a diversi livelli, con l’apparire di accordi trasmessi alla memoria, come settime e none, alterate oppure no, al di fuori del loro sistema di origine, ma legate a una logica esteriore.

Giuseppe Sinopoli

Note su Klaviersonate – Da un’intervista a Andrea Lucchesini

“E’ un opera che si compone di sette pezzi brevi, dalla struttura molto astratta e dal taglio nervoso. Appare fondamentale l’aspetto ritmico, ovvero la ricercata poliritmia tra le mani. È come se ci fosse un cantus firmus (come una sorta di corale) dall’inizio alla fine, indipendentemente da quello che avviene sopra e sotto, con lunghi accordi e note tenute che fanno un po’ da contrappunto alle figurazioni ritmiche ed ai valori che vengono pensati e sviluppati lungo l’intero arco della composizione. È un pezzo parecchio impegnativo ed dalla lettura assai difficile, scritto in quattro pentagrammi. Ci sono, poi, continui cambiamenti di tempo e le indicazioni metronomiche sono messe non a casa ma in maniera molto precisa (addirittura con la virgola: ad es. 53,4 ecc.)”.