1974 – Klavierkonzert

Per pianoforte e orchestra

Organico

4 (II e IV anche Ott., III anche Fl. in Sol e Ott.). 4 (IV anche Cor. i.). 4 (IV anche Cl. b.). 4 (IV anche Cfg.) / 6.4.3.1. / 3 Tp. Perc. 2 Vibr. Mar. Xf. Cel. Cemb. A. / Archi

Prima esecuzione

Milano, 28 febbraio 1975 – Orchestra Sinfonica della Rai di Milano, Käte Wittlich pianoforte, Giampiero Taverna direttore

Durata: 20’

Edito da Ricordi (partitura n. 132319)

Altre esecuzioni

– Amburgo (Germania), 8/4/1990, pianista Silvia Cappellini Giuseppe Sinopoli direttore.
– Città del Messico (Messico), Sala Nezahualcoyotl, 30/11/2002 Orquesta Filarmonica de la Unam, Silvia Cappellini pianoforte, Oleg Caetani direttore.

Note dell’autore

Note su Klavierkonzert

Il “KLAVIERKONZERT” ebbe il suo inizio nel agosto del 1974 a Neumarkt a.d. Raab ai confini con l’Ungheria e fu condotto a termine l’ultimo giorno dello stesso anno ad Eisenpass nella Stiria.
Deve il suo titolo alla ragione che il pianoforte da una parte fornisce le matrici fondamentali di tutti i parametri in gioco per le strutture affidate all’orchestra, dall’altra alla natura prettamente “pianistica” dell’elaborazione che i materiali iniziali del pianoforte subiscono. Si trattava per me di fare la radiografia di un “pianismo” ormai sedimentato, ci si riferisce a quello vertiginoso di inizio secolo, labilissimo, ossessivo e nevrotico, realizzandone quelle premesse di instabile equilibrio del “musicale” portandolo in consonanza con quelle allucinazioni del passato che oggi particolarmente mi determinano “… un passato inconsumato, nell’estrema lontananza di un forse d’eccezione…” (N.Blanchot). Un ribaltamento del razionale, condotto alle sue soglie più liminari, nell’irrazionalismo più privato e pericoloso. L’ottimismo di questi ultimi vent’anni, prodotto del più acritico consumismo borghese, si era rifratto nelle avanguardie con la raffica da ‘rimozione’ di spersonificazioni alla moda: l’eliminazione del soggetto nella gretta produzione di consumo coincideva con l’altarizzazione, nelle arti, della sua morte. Non ci si riferisce naturalmente al soggetto canterino da baraccone di provincia culturale, nè a quella bella dissolvenza dell’operetta viennese forse davvero unico spengimento dell’IO, in un vertiginoso marionettismo cristallizzato. Si sente il richiamo di un IO onirico, circolare, estremamente lontano, depositato in stratificazioni remote della storia personale, che tenta talora audaci e pericolosissimi dissepellimenti.

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Il lavoro è diviso in due parti, di cui la seconda reca come motto all’inizio la sola parola “adagio”. Gli ossessivi sbalzi timbrici e dinamici della prima parte cedono qui il posto ad allagamenti altre volte a me impensabili.
Questo basti a trarre, con certe premesse, l’ascoltatore di fronte ad un lavoro che, come sempre avendo origini altrove, deve all’ascolto ragioni e conferme fondamentali.

Giuseppe Sinopoli