Wagner: Siegfried Idyll; Ouvertüren: Lohengrin, Die Meistersinger von Nürnberg, Der fliegende Holländer

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Wagner

Ouverturen

54′ 44″

Die Meistersinger von Nürnberg: Vospiel zum 1. Aufzug
10′ 51″

Der fliegende Holländer: Ouvertüre
11′ 24″

Siegfried-idyll
19′ 22″

Lohengrin: Vorspiel zum 1. Aufzug
9′ 52″

Lohengrin: Vorspiel zum 3. Aufzug
3′ 15″

New York Philharmonic Orchestra
Giuseppe Sinopoli, direttore

Registrazione: Arts Center, State University, New York – 21 ottobre 1985 – studio

1° Edizione in LP DEUTSCHE GRAMMOPHON – 419 169-1 – (1 lp) – durata 54′ 44″ – (p) 1986 – Digitale
1° Edizione in CD DEUTSCHE GRAMMOPHON – 419 169-2 – (1 cd) – durata 54′ 44″ – (p) 1986 – Digitale DDD

 

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Il Maestro Diffidente

Lei ha sostenuto che in Wagner le scene possono essere soppresse a vantaggio del puro ascolto. Che ne direbbe Wagner stesso che teorizzò il dramma musicale attorno ad un suo nuovo modello di spazio teatrale?
In una delle sue ultime lettere scrisse: “io che ho inventato il golfo mistico, il luogo dove l’orchestra non si vede, dovrò essere debitore al mondo della scena mistica: una scena che non si vede”. Wagner ha portato ad una tale perfezione l’organizzazione del leitmotiv, che nella sua musica si coglie l’intera logica drammaturgica dell’opera. La densità di intrecci, rimandi drammatici e psicologici, non è mai completamente realizzabile da un punto di vista visivo. In questa ricerca si riflette anche la modernità di Wagner. Per esempio il più importante leit-motive dell’Oro del Reno, quello della rinuncia all’amore per il potere, vale a dire della perdita, è alla base delle nevrosi odierne. La cultura tedesca, in particolare, soffre alle radici di questo senso di perdita con cui invece gli italiani sanno convivere grazie a tutte le loro forme liberatorie. Gli italiani urlano, piangono, strepitano.

E hanno paura dell’intelligenza, e castigano il non allineamento: cito una frase che le appartiene.
Confermo: sono restii a pensare, e per non pensare parlano. Le parole sono sirene predilette in Italia. In Germania, al contrario, c’è sempre rapporto tra pensiero e formulazione del pensiero. In Italia domina un determinismo morale che annulla il silenzio della colpa. Il male è un’assenza: c’è il bene che arriva dalla finestra, dalla mamma, dal Papa, dal Presidente della Repubblica. Lo si proclama e il male scompare. Poi c’è il problema della devianza: non sopportata, considerata pericolosa.

La lottizzazione della vita musicale non è forse una conseguenza dell’allineamento?
Penso che la politica della musica vada ripensata a partire da una considerazione più generale: non esiste, in Italia, il senso della cultura come fatto formativo. Guardi la scuola. E le biblioteche, e l’archeologia. Un politico, un giorno, mi disse: prima il lavoro poi la cultura. Che assurdità: non c’è lavoro senza cultura.

Mozart, infine. Nell’anno mozartiano, lei continua a restarne distante. Ne ha paura?
Mozart è il demonismo: la capacità di essere al di là della norma, senza partecipazione sentimentale. Un mondo di archetipi, di espressività assoluta fino all’astrazione. Un gioco sinistro dove il bene e il male sono equidistanti. Mozart, per me, è come il mare: lo amo tanto, ma non so nuotare.

tratto da Il Maestro Diffidente
di Leonetta Bentivoglio
La Repubblica

 

SIGFRIDO, EROE DEL SAPERE

Wagner va senza dubbio realizzato con le scene ma i leitmotiv aprono una serie di panorami, anche ottici, impossibili da realizzare drammaturgicamente. La musica del compositore produce in molti casi una visualizzazione fantastica migliore di qualsiasi operazione registica.

Mentre Verdi piace a tutti perché si muove nell’ambito degli affetti, la composizione di Wagner, che affronta i problemi della conoscenza, richiede un retroterra culturale, sia per gli interpreti sia per gli ascoltatori.

L’eroe wagneriano, questa in sintesi l’interpretazione del maestro, compie un viaggio iniziatico verso la conoscenza. Come in tutte le mitologie, per tagliare il traguardo doveva superare alcune prove: la forgiatura della spada (<<simbolicamente significa la costituzione di un nuovo potere >>), l’uccisone del drago (<<presente in moltissime tradizioni, a cominciare da quella di San Giorgio, rappresenta la sconfitta delle forze terrestri che impediscono il passaggio a livelli più alti di sapere>>), la  comprensione del canto degli uccelli (<< il raggiungimento di conoscenze superiori>>), il combattimento con il dio Wotan travestito da Viandante (<< come Edipo Siegfried uccide, anche se solo simbolicamente, il padre>>) Sbaragliati tutti gli ostacoli, l’eroe giunge dall’amata Brunhilde e insieme all’amore conquista la conoscenza. Ma questa è strettamente legata alla paura (che Siegrfried prova per la prima volta) e quindi alla morte, preannunciata dal “tema della rinuncia” che echeggia nel momento del massimo trionfo.

È l’opera più difficile della trilogia (a proposito dell’interpretazione musicale) Il primo atto è una “fossa di leoni” per orchestra, cantanti, direttore. Ostacoli sia tecnici (rapidissimi cambiamenti di tempo, una scrittura vocale quasi impossibile), sia di linguaggio. Il terzo atto, composto 12 anni dopo i primi due, ha un’orchestrazione più ricca e contiene una miniera di innovazioni armoniche: un cromatismo ancora più estremo del Tristano: un’instabilità tonale che descrive la dissoluzione dell’incosciente sicurezza del protagonista.

Don Giovanni un’opera incentrata sulla nevrosi di perdere qualcosa, per esempio l’identità, con quegli scambi di persona tra il protagonista e Leporello. Un fenomeno oggi molto evidente, ma sempre esistito.

Il mito è tutto, è la memoria dell’uomo.

 

da Il Messaggero 16 maggio 1990

di Luigi Pasquinelli.

L’OPERAZIONE LOHENGRIN LANCIATA DA SINOPOLI

Abbiamo tentato di realizzare il teatro mitologico con un’opera wagneriana dove la dialettica uomo-universo è accentuata nel suo svolgersi anziché nei punti d’incontro. Il “Lohengrin” è la prima opera che anticipa i motivi del “Ring des Nibelungen”, dove la partitura si svolge in modo di tematica sinfonia vocale-strumentale, e apre la problematica del “Parsifal”, dove la musica, nel rappresentare la forza oscura e limitatrice dell’Eros, si spinge all’acme del cromatico tormento.

Come legge la scrittura dell’opera?

Dal punto di vista della scrittura “Loehngrin” instaura l’uso del declamato aperto, dal punto di vista armonico inizia gli allontanamenti dalle consuete armonie, dalle forme chiuse delle opere italiane. Il ritmo, la melodia sono condizionati da un discorso armonico fluente. I contrasti fonici assumono valore di dialettica interiore.

Qual è la miglior virtù del Lohengrin?

È la risonanza armonico-timbrica.

Come si accosta alla partitura il Sinopoli direttore, ma primariamente compositore?

La vedo come atto creati di appropriarmene.

A quali altre composizioni si è dedicato per esprimere le inquietudini contemporanee?

Da Salomè ad oggi c’è stato il silenzio. Ho però intenzione di scrivere dei Liader per soprano e orchestra, su testi di Georg Trakl.