Wagner va senza dubbio realizzato con le scene ma i leitmotiv aprono una serie di panorami, anche ottici, impossibili da realizzare drammaturgicamente. La musica del compositore produce in molti casi una visualizzazione fantastica migliore di qualsiasi operazione registica.
Mentre Verdi piace a tutti perché si muove nell’ambito degli affetti, la composizione di Wagner, che affronta i problemi della conoscenza, richiede un retroterra culturale, sia per gli interpreti sia per gli ascoltatori.
L’eroe wagneriano, questa in sintesi l’interpretazione del maestro, compie un viaggio iniziatico verso la conoscenza. Come in tutte le mitologie, per tagliare il traguardo doveva superare alcune prove: la forgiatura della spada (<<simbolicamente significa la costituzione di un nuovo potere >>), l’uccisone del drago (<<presente in moltissime tradizioni, a cominciare da quella di San Giorgio, rappresenta la sconfitta delle forze terrestri che impediscono il passaggio a livelli più alti di sapere>>), la comprensione del canto degli uccelli (<< il raggiungimento di conoscenze superiori>>), il combattimento con il dio Wotan travestito da Viandante (<< come Edipo Siegfried uccide, anche se solo simbolicamente, il padre>>) Sbaragliati tutti gli ostacoli, l’eroe giunge dall’amata Brunhilde e insieme all’amore conquista la conoscenza. Ma questa è strettamente legata alla paura (che Siegrfried prova per la prima volta) e quindi alla morte, preannunciata dal “tema della rinuncia” che echeggia nel momento del massimo trionfo.
È l’opera più difficile della trilogia (a proposito dell’interpretazione musicale) Il primo atto è una “fossa di leoni” per orchestra, cantanti, direttore. Ostacoli sia tecnici (rapidissimi cambiamenti di tempo, una scrittura vocale quasi impossibile), sia di linguaggio. Il terzo atto, composto 12 anni dopo i primi due, ha un’orchestrazione più ricca e contiene una miniera di innovazioni armoniche: un cromatismo ancora più estremo del Tristano: un’instabilità tonale che descrive la dissoluzione dell’incosciente sicurezza del protagonista.
Don Giovanni un’opera incentrata sulla nevrosi di perdere qualcosa, per esempio l’identità, con quegli scambi di persona tra il protagonista e Leporello. Un fenomeno oggi molto evidente, ma sempre esistito.
Il mito è tutto, è la memoria dell’uomo.
da Il Messaggero 16 maggio 1990
di Luigi Pasquinelli.