Beethoven: Violinkonzerten

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Beethoven

Concerto per violino e orchestra in re maggiore, Op.61

47′ 02″

Allegro ma non troppo (Candenza di Fritz Kreisler)
25′ 48″

Larghetto
10′ 35″

Rondo. Allegro
10′ 39″

Shlomo Mintz, violino
Philharmonia Orchestra
Giuseppe Sinopoli, direttore

Registrazione Watford Town Hall, Watford – settembre 1986, aprile 1987 (Opp.40 & 50) – studio
1° Edizione in LP DEUTSCHE GRAMMOPHON – 423 064-1 – (1 lp) – durata 65′ 22″ – (p) 1988 – Digitale DDD
1° Edizione in CD DEUTSCHE GRAMMOPHON – 423 064-2 – (1 cd) – durata 65′ 22″ – (p) 1988 – Digitale DDD

“Quattro quarti ribattuti del timpano e ci ritroviamo già in una luce, direi quasi cosmica, una serenità che non è umana, una serenità che trascende qualsiasi conflittualità. Su questa serenità c’è soltanto una grande animazione, l’animazione della volontà che conduce alla gioia.

Il concerto per violino di Beethoven, insieme al concerto per violino di Brahms si pongono come due testimoni della musica classica, che diventano romantica, che poi in Brahms conclude al periodo romantico per guardare al futuro.
Vorrei dire che questi due concerti sono la testimonianza di quanto la parte più intima dell’uomo può esprimersi affidandosi ad una voce. In questo senso, in maniera molto antica, considerando il violino come melos (veramente in senso greco), come canto. Ma come un canto intimo.

Nel secondo movimento c’è indubbiamente, lontana, la Terra con i suoi conflitti, però è come un liberarsi al di sopra della terra, è come un cercare una serenità, una pace che è al di la della Terra. Beethoven sapeva benissimo cosa voleva dire la conflittualità, cosa voleva dire la lotta dell’esistere non soltanto con gli uomini, ma con se stesso, con il suo corpo malato, con la difficoltà a trovare una tranquillità mentale e che fosse anche una tranquillità del corpo.
I problemi del corpo e dello spirito erano in Beethoven molto simili a quelli di una grande scrittrice, che io amo molto, che è Marguerite Yourcenar. Se noi pensiamo ad Adriano possiamo anche pensare un po’ a Beethoven. I problemi della salute del corpo erano problemi della salute dell’anima e questa grande inquietudine, che viene superata da una volontà di costruire, da una volontà di esistere, da una volontà superare, di superare il mondo anche, trova nel concerto per violino un momento di fuga, un momento di liberazione.

L’ultimo movimento arriva addirittura nell’ungherese a un momento quasi di convivialità, di gioia conviviale, di gioia quasi familiare.
Possiamo dire con questo concerto si realizza un grande tentativo di liberare l’uomo dalla sua conflittualità, con se stesso e con il mondo.”

Giuseppe Sinopoli