Beethoven: Symphonie No. 9

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Beethoven

Sinfonia n.9 in re minore, Op.125

1h 08′ 45″

Allegro ma non troppo, un poco maestoso
15′ 16″
Molto vivace
11′ 25″
Adagio molto e cantabile
16′ 05″
Presto – Allegro assai
7′ 27″
Presto “O Freunde, nicht diese Töne!” – Allegro assai
18′ 32″

Solveig Kringelborn, soprano
Felicity Palmer, mezzosoprano
Thomas Moser, tenore
Alan Titus, basso
Staatsopernchor Dresden
Staatskapelle Dresden
Giuseppe Sinopoli, direttore

Registrazione: Semperoper, Dresden – marzo 1996 – live

1° Edizione in CD DEUTSCHE GRAMMOPHON – 453 423-2 – (1 cd) – durata 68′ 41″ – (p) 1997 – Digitale 4D DDD

E il suo incontro con la Nona da direttore?
Come direttore le sinfonie di Beethoven sono state un lungo lavoro di pensiero. Le dirigo ormai da quindici anni con un’indagine sistematica, una sinfonia alla volta, lasciandola, riprendendola. La mia prima volta con la Nona fu otto anni fa, con la Philarmonia di Londra. Poi la ripresi tre anni dopo, e ancora tre anni dopo. Questa con la Staatskapelle è la mia esecuzione più recente, ed è la prima con quest’orchestra.

È una sinfonia che lascia il segno, su cui la dirige. E anche il suo amatissimo Wagner, quando finalmente lise le mani sulla partitura, la divorò in un crescendo di commozione e di singhiozzi. Fu proprio a Dresda nel 1846.
Certo il mio rapporto con la Nona passa per Dresda e per Wagner. Sono da dodici anni a Bayreuth e ci resterò fino al 2005. A Dresda, con la Staaskapelle, ci sono da sette anni e resterò almeno fino al 2003. Eppure, la prima cosa che feci quando arrivai a Dresda fu quella di interrompere la tradizione wagneriana che prevedeva ogni anno l’esecuzione della Nona per la Domenica delle Palme. Perché l’ho fatto? La mia orchestra fu anche di Wagner, ed è l’orchestra che amo più di ogni altra al mondo. Io volevo eseguire la Nona nel momento in cui avessi chiaramente sentito che il mio rapporto con quest’orchestra era avviato verso un comune obiettivo.

Quindi la Nona è stata il traguardo del suo rapporto con l’orchestra?
Esattamente. L’abbiamo incisa nel 96, anno delle grandi dichiarazioni fra la Staatskappelle e me. Il Ministro della Cultura mi ha chiamato e mi ha consegnato una lettera dell’orchestra, dicendomi che la Staatskappelle lo aveva pregato di fare qualunque cosa perché fosse prolungato il mio contratto e perché assumessi anche la direzione dell’opera, con motivazioni che uscii a sopportare fino a un certo punto senza commuovermi e che ora non ripeto per pudore. Di fatto, questa Nona è il meglio che quest’orchestra ed io, nel nostro rapporto storico, possiamo fare.

Che la soddisfa di più, in questa incisione?
Che sia fatta dal vivo, come il 90 per cento delle mie ultime incisioni.

E le sue emozioni? Oltre ai singhiozzi di Wagner le posso ricordare la testimonianza di Josef Krips, che racconta come, dirigendo la Nona, gli sembrasse di vedere Beethoven che entrava in paradiso e di sentire che il paradiso taceva in sua presenza.
C’è un luogo comune, questo sì, fasullo – per cui io sarei un direttore intellettuale. Invece è vero che dirigo solo la musica che mi commuove. Ho ammirazione per colossi come Strawinsky e Bartok, ma non vedo perché dovrei dirigerli nel momento che non mi commuovono. Ciò che va commosso non è tanto il mondo degli affetti, ma quell’ambito profondo e complesso che è l’anima, proprio come la intendeva Eraclito. In questo senso profondo la Nona mi commuove moltissimo.