Torna sul podio oggi pomeriggio Giuseppe Sinopoli che dirige il Gloria della missa solemnis di Beethoven, alle 17,30 all’ Accademia di Santa Cecilia, con il soprano Angela Maria Blasi e il mezzosoprano Natasha Petrinskij. Il concertio sara replicato il 23 dicembre. Il maestro ha partecipato anche al Concerto per il Natale e la Pace: abito scuro per gli uomini, molto nero per le signore, fra il pubblico di politici, ambasciatori e “soliti noti”. Sorprendentemente assente il presidente Scalfaro. Presente invece una nutrita rappresentanza del Comune capeggiata dal sindaco Rutelli che, prima del concerto, ha consegnato il Premio “Roma per la Pace” al presidente dell’ Associazione “Non c’ è pace senza giustizia”, Sergio Scanzani. L’ orchestra ha eseguito con struggente malinconia la Sinfonia Incompiuta di Schubert e, con un gruppo di solisti e il coro, il Gloria della Missa solemnis di Beethoven, ben sottolineandone gli slanci alternati a momenti di religiosa meditazione.
In quell’ occasione abbiamo intervistato Giuseppe Sinopoli. Come le sembra oggi l’ orchestra? E la sala?
“La sala è migliorata ma ha ancora problemi di riverberazione. L’ orchestra ha invece fatto grandi passi avanti grazie all’ immissione di giovani entusiasti, impegnati e fieri di stare in orchestra. Vi ho trovato prime parti di notevolissime doti”.
Lei inizia con l’ Incompiuta di Schubert, incompiuta perché abbandonata, non per la morte dell’ autore. Molto si è scritto in proposito. Che cosa ne pensa?
“Che non è affatto incompiuta. La paragono a un ‘torso’ in scultura. Non credo lo si consideri incompiuto: lo è nella forma non nel contenuto, ché anzi può avere una forte carica espressiva. Altrettanto si può dire della Sinfonia in si minore di Schubert: è incompiuta solo rispetto a uno schema formale di solito seguito, ma nei suoi due soli movimenti riesce a dire il massimo e credo non potrebbe dire di più. E’ una composizione stupenda, spiritualenun sogno sul bene perduto e insieme un gesto di speranza”.
Lei dirige anche il Gloria dalla Missa solemnis di Beethoven. Anche quest’ opera ha suscitato molta perplessità. Furtwangler non volle mai dirigerla perché gli sfuggiva il suo vero significato…
“Mi ha sorpreso e non la capisco la presa di posizione di Furtwangler. Rivoluzione francese e guerre napoleoniche avevano portato lo scompiglio in Europa, ma finalmente si parlava di libertà, di fratellanza, di pace. E questa Messa, religiosa in senso lato più che cattolica (anche se fu scritta in onore dell’ arciduca Rodolfo nominato cardinale), mi sembra non nasconda le intenzioni di Beethoven il quale parte dal Dio ‘rex coelestis’ , un Dio lontano e temuto che, diventando Dio ‘padre’ si avvicina all’ uomo e, infine, discende nel Figlio, vittima sacrificale che libera l’ uomo dai suoi peccati e gli restituisce la pace interiore col superamento della tensione attraverso la fratellanza e la pace. Da notare che a tutto questo Beethoven arriva non in base alla fede ma ad una personale riflessione sul significato delle parole della Messa”.
di Landa Ketoff
La Repubblica
21 dicembre 1997