Un artista diviso in quattro

Se volete, un esule di lusso. Uno dei molti talenti italiani che trovano all’estero la loro consacrazione. Dal ’92 Giuseppe Sinopoli dirige la StaatsKapelle di Dresda, ma dalla sua bacchetta si sono già fatti affascinare i Berliner, la New York Philharmonic e la Philharmonia di Londra. E i Wiener, naturalmente. Con i quali poche settimane fa,in un concerto che accostava Schubert, Liszt e Wagner,
ha entusiasmato la Scala.

Cosa rende speciali i Wiener?
Il suono, che nasce dalla loro capacità di confrontarsi con il mondo artistico, storico e umano che c’è dietro una partitura. L’orchestra di Vienna non è per ogni cosa, anche se può suonare ogni cosa. Questo la rende più difficile da dirigere: ha regole da rispettare. Ma è capace di tour de force impensabili per altri.
Ma passano per “l’orchestra che non vuole le donne”…
Le donne sono più intelligenti dei maschi, e un’orchestra di donne è altra cosa rispetto a una di soli uomini. Molto più seria. Gli uomini sono goliardici e arrivisti. Forti fino a 50 anni, poi vanno incontro a crisi tragiche perché devono affrontare l’angoscia della morte, legata alla castrazione. Questo fa sì che uomini e donne abbiano anche modi espressivi diversi. Non vuol dire che le donne non devono suonare, ma che il problema non va trattato così. Detto questo, si può lasciare che un’orchestra sia solo maschile, per vedere cosa succede.
Quanto conta, per la sua musica, che lei sia psichiatra?
Mi aiuta nella vita. Che è fatta di trabocchetti, problemi, fermate… e uno si aiuta come può.
L’aiuta anche con la Dresden?
Le voglio bene. Abbiamo un rapporto di lavoro serio e andremo avanti così per rimetterne a posto lo stile. Ci lega un rispetto fatto di silenzi e attenzione.
Sono tedeschi dell’est. Quanto incide?
L’anima della vecchia Germania oggi sopravvive all’Est, nelle università di Lipsia e Dresda, in un mondo che si è chiuso al comunismo e si è raccontato attraverso la cultura. Di quest’anima, amo il rapporto con la natura. Il Crepuscolo degli dei finisce con il tema del Reno che sommerge il Walhalla e la terra, e quello della redenzione. Che è nella natura, non appartiene agli uomini. Uomini e dèi hanno perso. La tragedia tedesca è l’incapacità di elaborare le perdite.
Qual è la tragedia italiana?
Quando penso all’Italia penso solo alla luce di questo paese. Sopra gli uomini, i tetti. Chissà che non riesca a scendere più in basso, a illuminarci…
Ma i suoi figli crescono qui
Sì. Perché penso che questo Paese strano, disordinato moralmente e mentalmente, con politici tristi e insieme seri, miscuglio di cose oscene e dignitose, luce bellissima e strade sporche, sia un Paese creativo. Pericolosamente vitale. Mi dà tristezza questo miscuglio di ingenuità e volgarità. Come quando si parla di secessione: il problema è posto con volgarità, le soluzioni sono ingenue. La politica non si fa con le emozioni.
È vero che è di sinistra?
Sono aperto ai diritti allo studio, alla cultura, al lavoro: in questo senso sono di sinistra. Il diritto alla musica è il diritto a vivere meglio. Anni fa ricevetti una lettera da un assistente universitario che viveva a Tucson, in Arizona. Scriveva, “Sto per partire, dopo 4 anni nel deserto. La sua musica mi ha fatto superare la solitudine”.
La musica dà qualità speciali anche al rapporto con sua moglie, pianista…
Che sia pianista non conta, che comprenda la musica sì. Per i “non addetti ai lavori” la musica è tabù, perché non ne conoscono la “tecnologia”: ma questo non è importante. Importante è il suo messaggio. Chi conosce bene l’armonia non ha maggiori possibilità di altri di recepire l’Incompiuta di Schubert.
Potrebbe amare una persona che non amasse la musica?
La vita è un viaggio che si compie in solitudine. Il viaggio di un altro può non prevedere la musica, ma la pittura o la letteratura. Però la musica può aiutarci a vivere più di un quadro o un libro perché è dinamica, prende uno spazio fisico e un tempo. Schopenauer diceva che non si può credere nella verità ma solo cercare di soffrire insieme perché non la si può raggiungere: forse possiamo sostituirla con la musica, sua sublime parvenza.
Che legame c’è tra musica e archeologia?
Il ricercare tra strati che la storia ha sovrapposto caoticamente valori che ci servono per vivere. E la necessità di solitudine. Ancora quattro esami e mi laureerò in egittologia. E per finanziare il prossimo scavo darò un concerto al Maggio fiorentino: il governo concede pochi fondi.
Italia sempre ingrata. Che lascia andare Abbado a Berlino, Chailly ad Amsterdam, lei a Dresda.
Non per esterofilia Io ho 49 anni, starei volentieri a casa. La gente non sa cosa voglia dire stare all’estero, lontano da casa, dai bambini, fargli fare i compiti al telefono… Voglio dedicare questi anni a loro, per questo ho deciso di lavorare solo con Bayreuth, Dresda, Wiener e Scala. In cui sogno di fare Puccini, ma trovare il cast mi terrorizza. Milano ha grandi aspettative: e bastano i velluti del suo teatro, a giustificarle.

Sinfonia per un poeta Il maestro Sinopoli ha appena inciso con i Wiener, per la Deutsche Grammophon, la Lyrische Symphonie di Alexander Zemlinsky: sette canti su poesie del filosofo e scrittore indiano Rabindranath Tagore, premio Nobel per la letteratura nel 1913. Ne parla così:
“Zemlinsky? Affascinante. Si lasciava trascinare dalle fantasmagorie di Tagore, dalle sue dolcezze estenuanti e dai suoi tramonti psicologici. Nella sua musica c’è uno spegnimento che non è delirio, tragedia, interruzione violenta, ma passaggio. Questa accoppiata Zemlinsky – Tagore tocca profondamente. Dà da pensare e da sentire”.

di Valeria Palermi

http://d.repubblica.it/dmemory/1996/10/01/attualit/dalmondo/034art1934.html