SINOPOLI IN GIAPPONE Dirigerà la Filarmonica di Vienna

Incontriamo il maestro, in gran forma, alla vigilia della partenza per la tournée che festeggia i 150 anni della prestigiosa orchestra austriaca

La Filarmonica di Vienna è un’orchestra con una ricchezza di suono impareggiabile, e l’unica che durante le tournée si mette a disposizione del direttore per tre ore di prova al giorno.

Sono stato più volte in Giappone, a partire dall’86, con l’Opera di Vienna e una Manon Lescaut, protagonista Mirella Freni, che fu un gran successo. Poi in tournée a più riprese con la London Philharmonia Orchestra, di cui sono direttore musicale.

Ho rifiutato subito il cliché del paese come macchina di sintesi non creativa, che imita i procedimenti tecnologici e mentali dell’Occidente. M’affascina, piuttosto, lo scontro tra una tecnologia schiacciante e una cultura antica nel suo rapporto col rituale.

La tragicità del Giappone sta in questo conflitto, questa tensione tra la ricerca di un’identità nuova e un passato irrisolto. E per capire come mai la musica occidentale ammalia tanto i giapponesi, quel che conta è considerare quali musicisti hanno maggiore successo. Mahler, Wagner, Beethoven, Brahms, ovvero quelli che più rappresentano il disagio. Riflettendosi il senso individuale, tipico del Giappone, e il più ampio significato sociale. Un discorso che non può valere affatto, per esempio, per Rossini.

I titoli scelti da Sinopoli per i concerti in Giappone registrano fedelmente i gusti di un direttore che ha puntato gran parte delle sue carte musicali sulla cultura dell’ottocento mitteleuropeo. Sono il Don Juan di Richard Strauss , la Settima Sinfonia di Bruckner, la Prima di Mahler e l’Ottava (“Incompiuta”) di Schubert

Autori che vedo collegati da un’unica, grande arcata, fino a Mahler. Strauss, il solo tedesco tra loro, è apparentemente diverso: già al di là di questa linea. Eppure pronto a recuperare la cultura precedente (e per questo fu considerato reazionario dai seguaci di Adorno) come in un prolungamento della finis Austriae,  guardandola con malinconia, e al tempo stesso col distacco che può ispirare un  objet trové.  Questo senso di perdita, di abbandono di un bene solo sognato, mai raggiunto, quel che in tedesco si definisce  Sehnsucht,  determina il legame con Schubert, un altro grande musicista della perdita. Mi pare che in tale prospettiva il programma abbia una sua coerenza intellettuale.

Torna il prediletto Mahler nei futuri programmi di Sinopoli, che tra i progetti discografici parla dell’imponente << Ciclo Mahleriano iniziato con la Philarmonia Orchestra di Londra>>, e di un << ciclo dedicato a Schumann e Beethoven con la Staatskapelle di Dresda>>, di cui s’è assunto la direzione musicale da quest’anno.

Gli premono molto le sorti di quella che è << la più antica orchestra del tedesca, con musicisti eccelsi che subiscono in pieno l’attuale situazione drammatica dell’ex Germania Est. Guadagnano la metà di quel che potrebbero essere pagati a Monaco o a Stoccarda, eppure non c’è stata alcuna defezione. Mi sto battendo come posso col Ministero tedesco della Cultura perché intervenga>>.

DI LEONETTA BENTIVOGLIO

SU LA REPUBBLICA.