PERUGIA – In un clima di festa, gli Amici della Musica di Perugia hanno ospitato al Teatro Morlacchi l’ Orchestra Giovanile Italiana nella prima tappa della tournée italiana. E’ un’ occasione preziosa per il centinaio di giovani musicisti che si preparano nei corsi di qualificazione fiesolani: a dirigerli, in questo piccolo pellegrinaggio musicale, c’ è infatti una delle bacchette più illustri del momento, quella di Giuseppe Sinopoli. L’ entusiasmo dei bravissimi ragazzi era del resto palese in ogni momento del bel concerto. Nessuno staccava gli occhi dal podio, e alla fine ogni ritorno di Sinopoli per i ringraziamenti è stato salutato da un roboante e ritmato battito di piedi sul palco, che si univa all’ unanime applauso del pubblico. Un’ opera manifesto Sinopoli, che certo non disdegna il ruolo del professore, aveva scelto un programma tutto lisztiano, con il poema sinfonico Orpheus e quell’ opera-manifesto del Romanticismo più sperimentale e intriso d’ umori filosofico-letterari che è la gigantesca Faust-Symphonie: un banco di prova certo non leggero per un’ orchestra imberbe, ma superato a pieno voti, grazie anche alla direzione lucidissima di Sinopoli. Al confronto con l’ affresco faustiano, il piccolo Orpheus può sembrare un lavoro semplicemente interlocutorio, quasi una messa a punto del poema sinfonico, destinato in pochi anni (dal 1853 al 1857, data della Faust-Symphonie) a toccare l’ approdo della gigantografia. Invece, quella pagina ispirata al più musicale dei miti ci consegna la forza morale dell’ arte di Liszt in un’ estasi lirica tanto candida quanto commovente, senza traccia di quel pericolo retorico e superomistico in cui fatalmente (non si sfugge allo spirito dei tempi) anche l’ abate talora cadeva. Sinopoli si è lasciato poco irretire da quel lirismo, e ha preferito mostrare in modo più asettico che coinvolto le meraviglie timbriche di quella preziosa partitura, proprio come un professore d’ analisi musicale. A ben altri vertici giungeva invece la sua lettura della Faust-Symphonie, e in particolare dei due “ritratti psicologici” di Faust e di Mefistofele, ovvero i movimenti d’ apertura e di chiusura di quel trittico sinfonico. Nella straordinaria intuizione di Liszt, queste due pagine grandiose sono un po’ come il ritratto di Dorian Gray (che d’ altronde è un altro mito faustiano, tradotto in termini estetizzanti e privato della redenzione finale): Mefistofele ripropone i medesimi motivi del quadro di Faust, ma li storpia, li rende grotteschi e ispidi, facendosi beffe dell’ eroico idealismo di quel personaggio e trascinando tutta la musica già ascoltata nel vortice di una danza infernale e laida, prefigurazione del Mephisto-Walzer celeberrimo. Interprete impetuoso Sinopoli si trova qui a casa propria: dove c’ è puzza di zolfo e contaminazione filosofico-letteraria il maestro riesce come pochi altri a comunicare i simboli tradotti in musica. Questo Liszt aggressivo e tagliente, trova nel direttore un interprete impetuoso, implacabile nella logica del ritmo, allusivo nel far già divinare fra le perorazioni e il grottesco della grandiosa partitura i mondi lacerati di Mahler, e in particolare il Rondò-Burlesque dell’ ultima Sinfonia. Il direttore è invece meno convincente quando è alle prese con l’ Eterno Femminino, cioè col quadro centrale di Margherita, dove il necessario abbandono lirico appariva come rattrappito, e il canto racchiuso in quella specie di musica da camera non metteva mai le ali. Mancava il gran gesto teatrale del coro conclusivo, perché Sinopoli ha scelto la versione originale per sola orchestra: cadeva perciò il segno della redenzione, alla quale Sinopoli preferisce di gran lunga la bellezza del diavolo.