SIEGFRIED, O DELL’INIZIAZIONE conversazione tra Paolo Arcà e Giuseppe Sinopoli

I 16, 19 e 23 maggio (1990), a Roma, nella stagione sinfonica dell”Accademia Nazionale di San­ta Cecilia, si  terrà l’esecuzione in forma di concerto di Siegfried, seconda giornata del ciclo wagne­riano dell’Anello del Nibelungo. Giuseppe Sinopoli dirigerà quest’opera,  e il grande successo e i bellissimi risultati delle esecuzio­ni di Oro del Reno e Walkiria degli anni scorsi rendono questo avveni­mento uno degli appuntamenti di maggior rilievo della vita musicale italiana. Come per Walkiria, (vedi n.27, marzo 1989) an­che quest’anno <<Musica e Dossier>> ha chiesto a Giuseppe Sinopoli di guidarci attraverso questa tappa del grande ciclo wagneriane, per mostrarci cosa c’è dentro e oltre la musica di Siegfried.

P.A. Alla fine della Walkiria avevamo lasciato Brunnhilde ad­dormentata , circondata dal cer­chio di fuoco. L’anello del Nibe­lungo prosegue con Siegfried. Maestro Sinopoli, nellintervista che aveva rilasciato a «Musica e Dossier» l’anno scorso, lei aveva chiarito come nella Walkiria av­venga il passaggio fondamentale dal mondo degli dei al mondo de­gli uomini; qui, in Siegfried, che cosa succede?

G.S. Fondamentalmente si può leggere tutta la vicenda narrata in questa straordinaria partitura che è Siegfried come l’iniziazione all’amore e, nello stesso tempo, al­la morte. Il messaggio ultimo che Siegfried ci trasmette è quello di un’equazione fondamentale: il rag­giungimento della conoscenza vuol dire l’acquisizione della coscienza; l’eroe ottiene l’amore, ma al tempo stesso anche la consapevolezza della morte. Tutte le azioni di Siegfried so­no mosse infatti dall’esigenza pri­maria di raggiungere Brtinnhilde, cioè l’amore ; ma raggiungere l’amore è possibile solo a chi non ha paura, cioè a chi non ha co­scienza; il fatto stesso di raggiun­gere l’amore provoca automatica­mente l ‘acquisizione della coscien­za, dunque della paura, e di conse­guenza la consapevolezza della morte e della fine.
P.A. Ma Brunnhilde è una me­ta difficile…

G.S. Sì, perché per arrivare al­la  vetta del  monte dove ella giace addormentata circondata dalle fiamme, Siegfried deve superare una serie di prove; sono, così come le presenta Wagner, prove tipiche di tutti i processi iniziatici, che possono essere superate soltanto da chi non ha paura, cioè non ha co­scienza. Le prove di iniziazione tornano nelle mitologie di molte culture, come quella islamica o quella vedica; sono esempi che ci fanno capire quanto Wagner abbia in comune con tradizioni culturali anche molto diverse. Non  so  se egli le conoscesse direttamente, però il contenuto di queste prove fa intravedere, se non una conoscen­za, certamente una chiara intuizio­ne di certi archetipi dell’immagina­rio collettivo, anche assai remoto. Facciamo l’elenco delle prove da superare:

la spada Nothung,  andata in frantumi durante il duello tra Sieg­mund e Hunding per intervento di­retto di Wotan, deve essere nuova­ mente forgiata;

  1. bisogna uccidere il drago Fafner, che custodisce il tesoro; inutile sottolineare come l’uccisio­ne del drago corrisponda a una mi­tica uccisione del serpente, simbo­lo del male;
  2. Siegfried deve riuscire a ca­pire il linguaggio degli uccelli; è questa una prova che fornisce lo spunto per tutta una serie di riflessioni affascinanti   sul riconoscimento del canto degli uccelli e sul­le simbologie connesse a questo ri­conoscimento; ciò è reso possibile dall’azione del sangue del drago, dal bruciore che esso provoca sulla lingua di Siegfried, che fa sì che egli comprenda il significato del canto degli uccelli;
  3. il successivo  ostacolo sulla strada di Sicgfried è Wotan, che gli sbarra il passo, come Viandante, verso il monte dove giace Brilnnhilde; bisogna quindi elimi­nare Wotan:·.è questa  una sorta di ” parricidio”, che avviene nel mo­ mento in cui la spada di Siegfried spezza la lancia di Wotan;
  4.  l’ultima prova è, infine, il superamento del cerchio di fuoco che apre la strada a Brunnhilde addormentata.

Attraverso queste cinque prove iniziatiche il fanciullo incosciente diventa l’uomo pronto a conoscere l’amore e acquisire la coscienza della paura e della morte. Tutta l’opera è proiettata ine­luttabilmente, attraverso il progres­sivo superamento delle prove, ver­so il turbine finale  della grande scena d’amore tra Siegfried e Brunnhilde, nella luminosa tonalità di Do maggiore, in cui le ultime parole  dei  due  amanti invocano «leuchtcnde Liebe, lachender Tod», cioè «amore che risplende, morte che sorride».

P.A. Qual è il carattere delle prove prese singolarmente, e il corrispondente carattere delle va­rie scene dell’opera? 

G.S. La prima prova, la forgia­tura della spada, è una prova di po­tenza; la spada è una forza assiale, nel senso che determina un asse, e quindi una direzione, o meglio una polarità. La spada di Siegfried eli­mina l’altro asse attorno a cui “gi­ra” il mondo: la lancia di Wotan. L’eroe arriva quindi a Brtinnhilde dopo essersi dotato di un simbolo di forza che si contrappone, distruggendolo, a un altro simbolo, quello della lancia di Wotan.

P.A. Il che significa che Siegfried subentra a Wotan…

 G.S. …in un nuovo equilibrio di potere. Da un punto di vista mu­sicale la forgiatura della spada av­viene in un’atmosfera di enorme solennità, quasi di rito sacro; il te­ma è semplice e viene presentato con questa ripetitività ossessiva, ti­pica di tutte le forme rituali, che sono appunto ripetitive.

P.A. Poi e’ è il drago Fafner da uccidere…

G.S. Sì, e questa seconda pro­va è una tipica prova iniziatica che troviamo con  San  Michele , San Giorgio e in tante altre tradizioni; in quella vedica compare l’aquila che distrugge il serpente, con i due antagonisti che simboleggiano la contrapposizione fortissima tra il male terrestre (il serpente o il dra­go) e l’aquila celeste. Nell’opera wagneriana il drago è visto come simbolo delle forze terrestri che impediscono l’acquisizione delle conoscenze superiori, e proprio per questo deve essere ucciso.

P.A. Ma proprio assaporando il sangue del drago, con il brucio­re che esso provoca sulla lingua, Siegfried diventa capace di intendere la lingua degli uccelli.

G.S. Dal punto di vista musi­cale, una cosa molto affascinante è il modo in cui Wagner traduce in musica il canto degli uccelli; è il Waldvogelmotiv , il “motivo dell’uccello del bosco”, nella  scena del riconoscimento della lingua de­gli uccelli, che corrisponde all’acquisizione di uno stadio superiore di conoscenza iniziatica. In questa pagina è molto interessante la resa musicale che Wagner attua del can­to degli uccelli: in tulle le formule rituali delle antiche tradizioni vedi­che e  islamiche  in  cui si fa riferimento al canto degli uccelli, questo viene “citato” non attraverso una struttura melodica, come si potreb­be pensare, ma ritmica. Ora, se noi osserviamo il Leitmotiv del Wald­vogel, ci accorgiamo  facilmente che non è di tipo melodico,  bensì di tipo ritmico; e questo fa impres­sione… Questo genio multiforme che era Wagner, anche se non ave­va una conoscenza diretta, certa­mente intuiva la necessità di certe forme a forte valenza ritmica nei riti esoterici che appunto si riferi­scono al canto degli uccelli. In questa scena compare anche un’altra immagine assai suggesti­va: la lingua di Siegfried sente il fuoco bagnandosi con il sangue del drago, e in questo modo si trasmet­te il dono della conoscenza. Anche nel culto della Pentecoste, la pluri­conoscenza è legata alla simbolo­gia di lingue di fuoco che scendo­no sulle teste degli Apostoli riuniti, e li rendono capaci di capire tutte le lingue del mondo.

P.A. Poi, nel terzo alto, un al­tro ostacolo  per Siegfried: Wotan.

G.S. Per arrivare a superare il fuoco  che  imprigiona Brunnhilde Siegfried  deve  combattere Wotan che gli compare nelle vesti del Viandante. Questa prova rappre­ senta simbolicamente l’uccisione del padre ed è interessante notare che Siegfried elimina il padre prima di aver conosciuto la paura, prima quindi di aver raggiunto la coscienza: Siegfried uccide il pa­dre in uno stato di incoscienza. Lo stesso succede a Edipo quando uc­cide Laio. Edipo, dopo aver con­sultato l’oracolo di Delfi, che gli profetizza il suo destino di parrici­dio e incesto, fugge da Corinto ab­bandonando coloro che credeva fossero i suoi genitori. Sulla strada incontra Laio, re di Tebe, il suo ve­ro padre , che però non conosce. Laio chiede di cedergli il passo. Edipo rifiuta e nasce uno scontro durante il quale Edipo uccide il suo avversario. Poi , Edipo libera la città di Tebe dall’oppressione della Sfinge e in segno di  riconoscenza la città lo proclama re di Tebe e gli offre in moglie la regina Giocasta, che è sua madre, anche se lui  non lo sa. Io vedo un collegamento molto stretto tra Edipo e Siegfried: anche Siegfried viene allevato da Mime, che non è il vero padre; ma la similitudine più interessante è che l’ uccisione della figura patema avviene in un momento di inco­scienza, e che non può avvenire in un momento di coscienza.

Inoltre,  nell’opera  di  Wagner, l’uccisione del padre rende possi­bile il superamento della prova del fuoco, dopo la quale è aperta la strada per raggiungere Brunnhilde; la simbologia del fuoco è collegata strettamente alla figura paterna, dato che nelle antiche tradizioni la cremazione rappresenta  il  ritorno al padre attraverso il fuoco, mentre l’inumazione era il ritorno alla ma­dre attraverso  la terra. Quindi l’ uccisone del padre in stato di inco­scienza e poi il superamento della prova del fuoco significa raggiun­gere il padre nel nuovo stadio di coscienza che Siegfried acquisterà attraverso la conoscenza dell’amo­re e della paura, resa possibile dal bacio Brunnhilde,  figlia di  Wotan. L’immagine paterna di Wotan, eliminata nel duello con il Vian­dante, ritorna quindi in qualche modo attraverso Brunnhilde.

P.A. E siamo così arrivati al momento culminante dellopera: il coronamento di tanti sforzi, l’incontro con Briinnhilde.

 G.S. È un momento davvero emozionante. Siegfried, giunto al cospetto di Briuinnhilde, prova per la prima volta la paura ed esclama:
«Mutter! Mutter!». L’invocazione della madre segnala l’acquisizione della coscienza, esattamente allo stesso modo che in Parsifal, dove l’incoscienza del “puro folle” ha termine quando Kundry bacia Par­sifal in nome della madre; Parsifal prorompe nel grido «Die Wunde!», la ferita, poiché in quel momento gli si palesa la coscienza dell’ob­bligo. In Siegfried il momento del­la conoscenza coincide con la di­chiarazione d ‘amore; ma alla fine di questo incontro d’amore c’è sempre una Lachender Tod, una morte che sorride. Sempre, in Wa­gner, il momento vittorioso corri­sponde alla predestinazione alla morte; anche nella Walkiria, nel momento in cui Siegmund estrae la spada dal frassino compare il “te­ma della rinuncia”; sembra che Siegmund stia vincendo, mentre in quel preciso momento egli diventa il predestinato alla morte. Qui avviene la stessa cosa: nel momento in cui si realizza piena­mente l’amore vittorioso, questo amore è strettamente collegato alla morte. Tutto il Siegfried ha la ca­denza di un grande processo inizia­tico,  che  comporta   il raggiungimento della coscienza , dagli abissi dell ‘ incoscienza alla vetta, dal buio della caverna attraverso stadi sem­pre superiori, fino alla vivida cono­scenza dell’amore e della morte: ma nel momento in cui questa si realizza nasce la paura.

P.A. Opera di iniziazione, con una sua precisa direzionalità. Co­me Wagner riesce a esprimere tut­to questo attraverso la musica?

G.S. Il linguaggio musicale ricalca perfettamente i significati ex­ tra-musicali dell’opera: il faticoso processo di crescita dello spirito fino al raggiungimento della cono­scenza viene reso con una conti­nuità musicale millimetrica, direi quasi con uno svolgimento al rallentatore delle parti musicali. Inoltre in quest’opera l’abilità di elaborazione del Leitmotiv è su­blime, e seguendo i vari intrecci si capisce ancora di più che il  Leit­motiv rende possibile la rappresen­tazione dei diversi livelli della co­scienza, con lievi permutazioni di direzione all’interno di essi. Perciò la riapparizione dei temi precedenti in una nuova fase di sviluppo del dramma acquista il significato dell’affiorare della memoria; ma i temi dei precedenti stadi ricom­paiono elaborati sempre diversa­mente, dato che anche i modi di es­sere della memoria vengono deter­minati dal momento attuale, che è un momento drammaticamente ma anche ritmicamente e armonica­mente diverso; la memoria intera­gisce con il presente, lo influenza e ne è influenzata, così che il gioco dei diversi temi,  attuali o della me­moria, può creare capovolgimenti di prospettive, nuovi collegamenti, in un procedere multiforme di pas­sato e presente , mirabilmente con­dotto da Wagner.

P.A. Tra il secondo e il terzo atto di  Siegfried  vi  fu una  pausa di ben dodici annidal  1857  al 1869 , durante i quali Wagner compose Tristano e Isotta e I Mae­stri cantori. Cosa comporta questa forzata interruzione nella conti­nuità musicale dell’ opera? Si avverte la frattura, oppure Wagner riesce a fondere compiutamente il linguaggio musicale?

G.S. Rispetto al primo e al se­condo, il terzo atto è costruito con un’abilità impressionante, soprat­tutto di tipo armonico, anche se la tecnica di stesura e il modo di con­cezione della musica sono uguali. Direi che l’unica diversità sta pro­prio in questa instabilità armonica continua, che però diventa affasci­nante perché è legata al momento di acquisizione della coscienza che Siegfried sta vivendo, e quindi si collega magnificamente allo sfal­damento della sicurezza di se stes­so che avviene ora. Wagner tradu­ce la perdita della sicurezza con la perdita di centri gravitazionali to­nali, o meglio con una specie di slittamento continuo dei centri gra­vitazionali tonali; ciò elimina ogni sicurezza psicologica e coincide con la situazione drammaturgica del momento. In questo la maestria di Wagner è inarrivabile.

P.A. Dunque Siegfried alla fine è vittorioso, ma nellopera campeggia sempre una presenza inquietante: Wotan...

G.S. Wotan è la linea del pessi­mismo, l’esplicazione delle conce­zioni filosofiche di Wagner. Anche lo smantellamento del potere di Wotan come dio avviene attraverso il sentimento e la paura.Wotan non deve lasciarsi andare ai sentimenti, Fricka glie l’ha sempre detto. Met­tendo in atto le sue trame e le sue astuzie, Wotan sente a poco a poco nascere in lui la paura, anzi possia­mo dire che il sentimento della paura passa da Wotan a Siegfried. Nel momento in cui Wotan è arri­vato al massimo della paura chiede a Erda: «Dimmi, cosa  succederà? Gli dei finiranno?». E si sente ri­spondere: «Tu non sei colui che credi di essere». E lui ribatte: «Io non ho più bisogno di le, la mia volontà sostituisce la tua sapien­za». Ed è chiaro che la volontà è volontà di potenza che si  sostitui­sce al processo conoscitivo che ha avuto un esito negativo. Per Wotan la conoscenza non è possibile, e il superamento dell’opposizione tra soggetto e oggetto conoscitivo può avvenire solo attraverso la sostitu­zione della volontà di potenza con il soggetto conoscente. Ma questo ricreerà l’ opposizione, perché la volontà ha bisogno di un oggetto su cui esercitarsi. Drammaticamen­te (o forse emblematicamente) per Wotan la volontà di potenza signi­fica astensione, scomparsa. Nel momento  in  cui   Wotan dichiara:
«lo sono la mia volontà», in quel preciso istante esce dal dramma; subito dopo gli  verrà spezzata  la lancia e il dio svanirà senza più ricomparire nella Tetralogia.

P.A. Da tutto ciò emerge chia­ramente che l’atmosfera di Sieg­fried corrisponde a una crescita interiore, della mente e dello spi­rito; ben diverso era il clima della Walkiria, dove i fatti e le azioni erano molto evidenti. Da un punto di vista direttoriale questa mancanza di azione esterna a favore di un’azione tutta psicologica che tipo di problemi pone?

G.S. La vicenda narrata  è  la storia della maturazione  interiore di Siegfried, che avviene quasi suo malgrado, come in tutti i casi importanti di iniziazione; l’eroe infat­ti non ha coscienza, è anch’egli un Parsifal e sarà il bacio di Brunnhil­ e che lo sveglierà alla paura e alla coscienza. Però le azioni che ren­dono possibile questa maturazione interiore sono prove di grande spettacoalrità visiva e anche  musi­cale. La forgiatura della spada, il canto dell’uccello, l’uccisione del drago, il superamento del fuoco sono tutti episodi  di  grande  presa sull’ ascoltatore e di grande teatra­lità. Tuttavia queste prove sono momenti di maturazione dello spi­rito, non vogliono dire nulla se non vengono inseriti in un processo lento ma inesorabile di mutamento e trasformazione: dopo, nulla è più come prima. La difficoltà diretto­riale di Siegfried sta quindi nel fat­to che non si possono rendere que­ste pagine semplicemente come un gioco pirotecnico di uccisioni di draghi, uccelli che cantano, spade magiche. Bisogna trovare un lega­me tra le fasi intermedie delle prove, renderli momenti che si susse­guono necessariamente uno dopo l’altro. Inoltre Siegfried ha un co­stante punto di riferimento non in Mime, che è un personaggio stru­mentale, ma in Wotan; si deve sen­tire che il  processo di  maturazione di Siegfried coincide con la deca­denza degli dei, coincide con l’ap­parizione della  volontà  di  potenza e con il crollo del mondo metafisi­co. L’orchestra e i cantanti devono sforzarsi di rendere, durante tutta l’opera, la tensione tra  lo sprofondamento di Wotan e l ‘ascesa di Siegfried, e questa è una grande difficoltà. Se si mette bene in evi­denza la dialettica tra questi due processi, la discesa e la salita, l’opera non è affatto noiosa, e ac­quista il giusto risalto anche la par­te di Wotan, durante tutta l ‘opera. Nel momento in cui Wotan raccon­ta, si realizza il processo della di­scesa: il suo monologo, la ricapito­lazione, il dialogo con Mime in cui si rievocano tutti i fatti passati non sono un racconto ripetitivo, ma rappresentano la ritualità della ce­lebrazione della discesa, e questo è molto affascinante.

P.A. La presenza della natura in quest’opera è quanto mai signi­ficativa: il bosco, la notte, le ca­verne, la montagna , la luce. Qual è il modo giusto di leggere questa presenza?

G.S. La natura è strettamente connessa al mondo della cultura te­desca; è la cornice in cui avviene il superamento dello stato contingente dell’individuo; da Holderlin a Eichendorff la natura è il momento del raggiungimento dello stato su­periore della coscienza, cioè esat­tamente il quadro in cui agisce Siegfried. Ma attenzione: nella cul­tura tedesca la natura è anche l’am­biente  di  elezione  del Wandererdel Viandante. È un concetto che nasce con Eichendorff. Il Wanderer è colui che è obbligato a lasciare la casa, la terra, per andare giro­vago altrove. Ed è  stupendo che qui Wotan sia chiamato Wanderer: viene così sottolineata ulteriormente la condizione di perdita del suo stato divino,  conferma ulteriore della discesa di cui abbiamo parlato. Con il Wanderer nasce anche un altro stato d’animo  tipico della cul­tura tedesca: la Sensucht, la malin­conia esistenziale del Viandante,  il suo pessimismo cosmico, connessi al concetto di ” perdita”, dato che il Wanderer è colui che va via per non tornare più. Quindi la natura, così importante in Siegfried, costi­tuisce il terreno in cui le prove sono superate, ma anche la cornice del Wanderer, l’ambiente dell’ineluttabile crepuscolo.