La cosa che destava maggiore sorpresa in chi avesse avuto il piacere di incontrare Giuseppe Sinopoli e di approfondirne la conoscenza era la vastità dei suoi interessi. Nelle conversazioni, il grande musicista (un vero e proprio gigante del Novecento) lasciava spesso il posto allo psicologo, acuto osservatore della gente, all’archeologo, profondo conoscitore delle più remote civiltà e all’erudito, capace di parlare di qualsiasi argomento con la semplicità e la chiarezza proprie di chi è veramente padrone dell’argomento di cui sta parlando. Così, Giuseppe Sinopoli appariva all’interlocutore come un diamante prezioso e trasparente, dalle mille sfaccettature, in grado si presentarne una diversa (e fino allora ignorata) a ogni nuovo incontro. Questo gioco alla scoperta della sua personalità continua ancora oggi, quando il contatto fisico con lui non è più possibile. Tutti i suoi interessi, tutte le sue passioni testimoniano ancora la sua presenza, la sua figura immensa, difficilmente inscrivibile in schemi e definizioni.
Eppure, la varietà e la molteplicità di Giuseppe Sinopoli possono essere ricondotte a un unico motivo conduttore, ispiratore di tutta la sua vita, che compare a più riprese nella sua opera e nelle sue scelte, una semplice idea che egli inseguiva costantemente. Si tratta di un concetto legato alla stessa esistenza dell’essere umano e che è alla base di uno dei più grandi misteri cui si trova confrontata l’umanità: il passaggio dalla vita alla morte e da questa a qualcosa di ulteriore. Giuseppe Sinopoli ritrovava questi concetti espressi nella musica, che è metafora della vita: il tema enunciato viene ripreso e, mutando e variando, cresce lungo tutta una composizione fino allo scioglimento finale, in cui la sequenza di note iniziale torna a essere riconoscibile. Questa stessa circolarità musicale lo ha portato, in un libro che rivela un altro aspetto della sua persona, quello di scrittore colto e raffinato, a interpretare la pianta di Venezia, la sua città natale, come un percorso iniziatico che lui compie uscendo dalle prove di una rappresentazione di Parsifal (da cui il titolo “Parsifal a Venezia”).
Vita, morte e rinascita. Sono questi i tre temi che hanno portato Giuseppe Sinopoli a occuparsi dell’antichità e a prediligere, tra tutte le altre popolazioni, quella egizia dove l’idea della sopravvivenza ultraterrena è più manifesta, dove il percorso iniziatico aderisce alla concezione stessa della vita.
In questa mostra sono presenti tre opere della raccolta di antichità egizie, mesopotamiche, greche e orientali che Giuseppe Sinopoli aveva radunato nel tempo. Danno soltanto un’idea del suo spirito di collezionista avvisato, che prediligeva il valore scientifico del reperto senza peraltro trascurarne la bellezza formale.
Questo catalogo è dedicato a Giuseppe Sinopoli, alla sua personalità complessa e affascinante, a quanto di lui permane in mezzo a noi e a tutto quello che ci ha lasciato. La mostra è dedicata all’uomo egizio e a tutti quelli che, dal sovrano al contadino, hanno contribuito a rendere la civiltà faraonica immortale, come immortale è divenuto Giuseppe grazie a quanto di lui è ancora presente e resterà nella storia della cultura mondiale.
ratto da: M.C. Guidotti e F. Tiradritti (a cura di), Catalogo della mostra “L’uomo egizio”, Milano 2003, p. 21.