LA STAATSKAPELLE DI DRESDA

LA STAATSKAPELLE DI DRESDA

[…] Nonostante le spaventose distruzioni della guerra (che cancellarono in una sola notte la Dresda ‘Firenze dell’Elba’) e 40 anni di comunismo di stampo sovietico, la Staatskapelle continua a rappresentare nel senso più profondo l’animo musicale tedesco. Non solo per il repertorio eseguito, ma anche per un forte senso di identità collettiva.

«Nella sua storia questo è stato un complesso ‘chiuso’ in cui l’arte si è tramandata da insegnante ad allievo o addirittura da padre a figlio» – spiega Sinopoli – «Mi capita di dover stimolare chi esegue parti solistiche a distaccarsi dal gruppo compatto che per disciplina è esemplare come la Filarmonica di Vienna. E che negli archi probabilmente non ha eguali al mondo. Insomma, non c’è il protagonismo tipico dei complessi occidentali. In Italia vorrò sottolineare oltre all’alto valore artistico anche questa nobile qualità morale.»

Un italiano in Sassonia, il cuore dell’Europa. Come direttore principale Sinopoli riallaccia un legame antico. Nella Dresda dei secoli passati dipinta mirabilmente da Bernardo Bellotto, allievo del Canaletto (e qui chiamato come il suo maestro), la Staatskapelle fu guidata da Giovanni Andrea Bontempi, Antonio Lotti, Ferdinando Paer, Francesco Morlacchi. Sinopoli, quarantaseienne, ex sessantottino con barba e occhialini, di casa a Bayreuth solo come lo era Toscanini, studente di archeologia «perchè nei miti del Mediterraneo si può trovare il legame con il mondo del Parsifal», vive il suo incarico anche come impegno sociale.

«Il problema è fare qualcosa di concreto per mettere questo complesso sullo stesso piano, in termini di mercato, con le grandi orchestre occidentali. La prima regola che ho imposto è stata di fissare un tetto alla paga degli artisti che vengono a esibirsi a Dresda: il 60% del loro cachet abituale. Nessuno ha declinato l’invito. E naturalmente questo vale anche per me. Così il governo di Sassonia può impiegare più risorse per elevare gli stipendi dell’orchestra. Quando sono arrivato il salario dei musicisti equivaleva al 50% dei quello dei colleghi dell’Ovest, adesso è al 74%.»

C’è poi il nuovo rapporto ‘egualitaristico’ instaurato da Sinopoli.

«Ogni musicista ha libero accesso alla mia posta, sa tutto sull’attività. Con l’orchestra discuto i programmi. Abbiamo così deciso di incrementare accanto a Strauss, Bruckner, Wagner, pilastri del repertorio, la presenza di Mahler, non troppo amato dal socialismo reale, e la scuola viennese, Berg, Schönberg, Webern.»

Per artisti abituati a eseguire programmi comunicati dal ministero della Cultura è stato uno choc. E col maestro italiano la diffidenza si scioglie a poco a poco. Una tradizione d’inizio secolo Alla Semperoper, che nell’800 era definita uno dei teatri più belli del mondo, distrutta dai bombardamenti e ricostruita fedelmente nel 1985 tutto in stucco, la Staatskapelle suona 15 programmi sinfonici per 45 serate all’anno che registrano regolarmente il tutto esaurito. Per 55 giorni si esibisce in tournèe ed effettua dalle sei alle 10 incisioni all’anno. L’Alpensymphonie eseguita per il concerto della Domenica delle Palme, una tradizione incominciata nel 1900, è stata registrata dalla Deutsche Grammophon in audio e video. Spiega Sinopoli: «La preoccupazione è di non premere troppo l’acceleratore sul business, di non disperdere questo senso religioso del far musica nei falsi miti dell’Occidente.»

 

A cura di Alessandro Cannavo, 
Corriere della Sera, 13 aprile 1993