IO, PARSIFAL E LA LAGUNA

“Ero giunto, assorto in queste riflessioni, alla punta estrema delle Fondamenta Nove. Ancora una volta, un punto cieco: davanti a me stava la Sacca de la Misericordia che, incuneandosi a sud-ovest, avrebbe formato il canale de la Misericordia. Tornai indietro. Mi resi conto che avevo tentato di percorrere un arco di cerchio la cui origine era all’uscita di calle Ruzzini sulle Fondamenta Nove, nel punto cioè di apparente uscita dal labirinto.

Ero divenuto perfettamente consapevole che il mio smarrimento aveva dato inizio a un viaggio misterioso che dovevo compiere fino in fondo. Prendendo come punto di riferimento San Giovanni e Paolo e proseguendo mentalmente sino a San Marco in senso orario e destrorso, mi accorsi con stupore di aver compiuto dalla Fenice sino all’uscita di calle Ruzzini un itinerario labirintico sotteso a un arco di cerchio.

La Sacca de la Misericordia aveva interrotto un altro arco di cerchio. Ne trassi due conseguenze. Senza rendermene conto, seguivo un cammino che, partendo da sud e dirigendosi verso nord-est, assumeva progressivamente la forma di una semicirconferenza. Poi, il quadrante di cerchio interrotto dalle acque della Sacca doveva essere ripreso e percorso: ero sicuro che sull’asse passante per il punto terminale della semicirconferenza e nord-ovest e per la Fenice a sud-est avrei trovato qualcosa di fondamentale, che avrebbe forse chiarito le ragioni del mio viaggio.

Avevo percorso un quadrante del cerchio immaginario che andavo tracciando mentalmente. Dovevo ora completare il tragitto. Imboccai a destra la prima calle, tenendo conto però che la direzione del mio cammino doveva essere antioraria e sinistrosa.

Tentai quindi, alla prima occasione, di lasciare sulla mia destra la calle longa Santa Caterina, dopo aver calcolato mentalmente il tratto della Sacca antistante al canale del la Misericordia: speravo di trovare un ponte che mi portasse all’altra riva. Subito dovetti constatare che la calla dei Colori era un tratto cieco che finiva nel canale; avevo voltato troppo presto.

L’esperienza labirintica continuava, il problema del bivio veniva riproposto. Tornai indietro e ripresi verso destra la calle longa Santa Caterina.

I percorrimenti terrestri del labirinto erano costituiti dalle calli. Le calli sono vie strette, che alcune volte non superano i l metro di larghezza, fiancheggiate da case e palazzi che, a chi le percorre, paiono creare una prospettiva imponente e inquietante. La strettezza impedisce alla luce del sole, o ai raggi della luna, di giungervi interamente sicché anche in pieno giorno l’oscurità caratterizza a Venezia la via terrestre. Il procedere relativamente oscuro e labirintico delle calle rievocava, soprattutto quella notte, le catacombe romane, e ne evidenziava la simbologia iniziatica di cui sono riflesso.

La <<strettezza>> della via, come quella del ponte e della porta, significano simbolicamente la difficoltà del processo iniziatico, del passaggio da uno stato di conoscenza a un altro, da una situazione esistenziale a una più elevata. Il passaggio racchiude in sé anche i significati della <<continuazione>>, del <<procedere>> sempre più avanti a livelli superiori di iniziazione, di <<rinascita>> perenne. La strettezza del passaggio significa la difficoltà e, in altre raffigurazioni simboliche come la <<lama del rasoio>> anche la pericolosità, correlate alla << rottura>>, al trascendere. Avevo intanto oltrepassato il ponte Molin e proseguivo per la calle de la Racheta. Mi resi conto di allontanarmi troppo dall’arco immaginario che mi ero proposto e fui preso da un’indefinita inquietudine. Alla prima occasione voltai a destra, e mi trovai nella corte dei Preti. Non avevo altra possibilità che percorrere un vicolo alla mia sinistra in cui la corte si stringeva. Mi si presentò un bivio: proseguendo a sinistra, calcolai rapidamente, sarei tornato alla calle de la Rocheta: andando a destra, avrei raggiunto la riva opposta. La particolarità di questo bivio era l’essere costituito da due sottoporteghi.

Il sottoportego è un percorso terrestre ottenuto con un attraversamento nel corpo stesso di un edificio. Esso ha soprattutto la funzione di passaggio. Il suo significato può essere dedotto dalla differente tipologia secondo la quale tale passaggio si presenta.

Il mio viaggio stava assumendo sempre più una dimensione simbolica. Ripercorsi mentalmente i sottoporteghi già attraversati quella notte. L’ultimo congiungeva due percorrimenti terrestri, una calle a una calle: era quella tra celle Stella e calle larga dei Boteri, immediatamente prima d’imboccare calle Ruzzini, l’uscita apparentemente dal labirinto. Era una grotta-caverna interposta tra due camminamenti simulava un <<viaggio sotterraneo>> seguito da un <<viaggio all’aria aperta>>. La morte al mondo profano, seguita dalla discesa agli Inferi, viene rappresentata simbolicamente dall’oscuro percorrimento terrestre che, spesso introdotto da un arco e con un soffitto a botte, è assimilabile alla simbologia della caverna che dà accesso al viaggio nel mondo sotterraneo, come già l’antro della Sibilla Cumana. La caverna, come luogo in cui si compie l’iniziazione, compone la morte e la >>seconda nascita>> come due aspetti di uno stesso mutamento di stato.

<<Il passaggio da uno stato a un altro >> si deve <<sempre effettuare nell’oscurità; in tal senso la caverna sarebbe, dunque, più esattamente, il luogo stesso del passaggio>>: Il passaggio dalle tenebre alla luce sanziona la nuova epifania, la seconda nascita.”

Giuseppe Sinopoli