‘ CHE DELITTO AFFOSSARE LE ORCHESTRE DELLA RAI’

LE Orchestre Rai? Costano troppo, non hanno sponsor, non fanno audience, sono artisticamente decadute. Tra Roma, Milano e Torino formano un gigante a tre teste di 180 elementi che pesano su un bilancio disastrato. E allora smantelliamole, prepensionando parte dei musicisti e incoraggiando la “mobilità interna”. A dire: trasformiamo una sessantina di orchestrali in autisti, uscieri, portieri. Gli altri 120? Accorpiamoli in un mega-complesso a Torino, l’ unica sede dove la Rai è proprietaria dell’ Auditorio e la sola a contare su una brillante sponsorizzazione (della Fondazione San Paolo). E che i musicisti delle disciolte orchestre di Roma e Milano (nel dicembre ‘ 92 quella di Napoli è già stata fusa con Roma) si preparino a un movimentato futuro di pendolarismo col Piemonte. E’ il quadro del progetto liquidatorio avviato dalla ‘ nuova Rai’ e gestito da una commissione presieduta da Corrado Guerzoni: la musica, e i diritti degli utenti, sacrificati sull’ altare dell’ audience. E dunque proteste, assemblee, cortei a viale Mazzini, un vigoroso comunicato Agis contro la penalizzazione di organismi “che rappresentano un prezioso patrimonio italiano e europeo”, lettere inviperite ai consiglieri Rai firmate dai più autorevoli esponenti del mondo della musica. Risultati? Nessuno. “Proprio oggi i rappresentanti sindacali delle orchestre” ci dice il capo del personale Rai, Pierluigi Celli “s’ incontreranno con la commissione per ridiscutere il progetto”. Ma le speranze che si faccia marcia indietro, ammette, sono ben poche: la ristrutturazione è inevitabile, visto che “lo smantellamento delle orchestre fa parte del piano di tagli per 410 miliardi presentato dall’ azienda al governo per ottenere il ‘ decreto salvaRai’ “. Intanto, a fine gennaio, un direttore del livello di Muti si mobilita con un gesto concreto andando a dirigere l’ Orchestra Sinfonica della Rai di Torino. E in una conferenza stampa si schiera esplicitamente dalla parte delle orchestre definendo “un gravissimo errore l’ eventuale scioglimento di questi organismi ancora ben vivi”.

Da Londra incalza sugli stessi toni Giuseppe Sinopoli, che con un analogo gesto di solidarietà è salito in dicembre sul podio del complesso torinese della Rai. Forte dell’ esperienza, considera pretestuoso il discorso sulla crisi artistica:

“L’ orchestra si è dimostrata seria, impegnata”. Ma il vero problema, sostiene, sta a monte: “Lo smantellamento è il sintomo di una cultura allo sfascio. Domina in Rai una pseudocultura immonda: fare audience significa propinare ingiurie e volgarità. Non conta più il cosa si dice, ma il come: vince la gestualità forte, a prescindere dai contenuti e in vista di un inebetimento generale. Con quest’ andazzo finirà che Vittorio Gassman sarà sacrificato in nome dell’ urlatore di turno. Perché non si fanno confronti coi programmi televisivi inglesi o tedeschi? Ormai negli show italiani vale solo, come disse Eco, ‘ l’ opinione dello scemo del villaggio’ , innalzato al rango dell’ oracolo di Apollo. Bisogna purificare l’ audience, trasformarla in direzione della qualità, non della quantità”. Tornando al tema specifico delle orchestre, “è incosciente cancellarle. Bisogna trovare mezzi e leggi adeguate per renderle competitive. Altro che decadenza: quando riescono a lavorare bene sanno dare ottimi risultati. Si accampa il pretesto che è impossibile invitare grandi direttori e solisti per via dei cachet strepitosi. Ridicolo: la vedette o il ciarlatano di turno sono pagati molto di più”. Ma se la Rai, aggiunge, ha deciso di seguire “la politica irresponsabile dello smantellamento, su tali presupposti la sola scelta possibile cade su Torino. C’ è di mezzo un problema reale, sociale: in una città così grande e importante quella della Rai è l’ unica orchestra sinfonica. A Roma e a Milano ce ne sono altre. E poi, anche se è spiacevole dirlo, l’ orchestra torinese è qualitativamente la migliore. Il che non giustifica l’ eliminazione di quelle di Roma e Milano, che hanno comunque, rispetto alle altre orchestre delle rispettive città, una funzione culturale fondamentale per la loro programmazione alternativa: l’ avanguardia, il Novecento storico”.

Interviene accorato da Amsterdam un altro grande direttore italiano, Riccardo Chailly: “Nella prima settimana di maggio dirigerò l’ Orchestra Sinfonica della Rai di Milano per dimostrare quanto mi stia a cuore la sua sorte. Conosco i complessi Rai: li ho diretti tutti e tre. Folle l’ idea di chiuderli: non si può prescindere dal loro ruolo divulgativo. Nè ha senso affermare che Milano possa fare a meno dell’ orchestra Rai perché c’ è la Scala. Per le scelte di repertorio, per la diffusione della musica moderna, queste istituzioni hanno un peso culturale alternativo e complementare. Prendiamo a modello la Germania, con le sue straordinarie orchestre delle radio: Berlino, Monaco, Amburgo, Francoforte, Stoccarda. Organismi autonomi dai teatri e con un ruolo culturale imprescindibile. Altro che eliminare le orchestre Rai: vanno potenziate e meglio retribuite”. E’ d’ accordo Luciano Berio, il più internazionale ed eseguito tra i compositori italiani: “Lo smantellamento è un’ operazione irresponsabile. Le orchestre Rai sono degradate per colpa dei dirigenti, che le hanno sabotate bloccando le assunzioni e non invitando direttori idonei. Perché non danno un’ occhiata a quel che succede in Inghilterra, in Francia e in Germania? L’ orchestra della Bbc di Londra è a un ottimo livello e continua a vivere un’ epoca d’ oro malgrado la crisi finanziaria inglese”. Come per Sinopoli, il problema, per Berio, va considerato dal punto di vista di una generale decadenza Rai: “Basti pensare alla qualità offensiva delle registrazioni, o alle varie trasmissioni sulla musica alla radio condotte da incompetenti in un clima di menefreghismo culturale spaventoso. Basti pensare al fatto che la Rai spende miliardi in sigle, dandole spesso in appalto all’ estero e pagandole fino a 150 milioni l’ una. Basti pensare al 30 per cento di personale inutile. Isomma: risparmino sulle sigle e sul personale in eccesso e pensino ad investire sulle orchestre. La tragedia è che ai vertici Rai sta gente che ignora la musica. Non dico che i responsabili della programmazione debbano sapere la musica: dico che devono porsi il problema della musica. Sarebbe come se un non religioso si rifiutasse di porsi il problema di Dio”.

di Leonetta Bentivoglio