
Elgar
55′ 18″
11′ 54″
Giuseppe Sinopoli, direttore
Registrazioni
All Saints’ Church, London – gennaio 1990 (Op.55) – studio
Watford Town Hall, London – febbraio 1991 (Op.39) – studio
1° Edizione in CD DEUTSCHE GRAMMOPHON – 431 663-2 – (1 cd) – durata 67′ 18″ – (p) 1992 – Digitale DDD
La sua prima sinfonia di Edward Elgar, caratterizzata da quel primo tempo che dura incredibilmente venti minuti (un quarto più che nella norma). Come spiega il suo interesse per questo compositore?
Ho sempre avuto una predilezione per i periodi delle transizioni culturali. Le scuole nazionali, quella tedesca soprattutto. La russa, con Alexander Scriabin. La francese, con Claude Debussy, del quale interpreterò ‘Pelléas et Mélisande’ a maggio (199…). Storicamente, rappresentano la risposta al punto interrogativo che formulò Wagner: che cosa si poteva fare di nuovo, in campo musicale, dopo la sua opera ciclopica? E poi Elgar è stato anche un omaggio alla Philharmonia di Londra, orchestra con la quale ho un sodalizio di 14 anni, con il suo mondo culturale. Non si tratta di un Brahms inglese, come spesso è inteso in quel paese. Il grande testo orchestrale è il segno di una problematica iniziata con Wagner e conclusa con Mahler. L’individuo vi chiede spazi espressivi sempre più ampi. Tutto derivante dalla conflittualità individuale tipica dell’idealismo tedesco. Le ambiguità del personaggio Elgar, la sua poliedricità semantica e psicologica: basterebbe pensare a un brano come le ‘Enigma variazioni’. Per quell’incisione ricevetti pure una lettera di ringraziamento dalla Elgar Society.
tratto da un’intervista di Riccardo Lenzi
GIUSEPPE SINOPOLI, UNA BACCHETTA SCOMODA
24.04.2001
l’Espresso
Questo è il quarto disco che Giuseppe Sinopoli, con la sua Philharmonia, dedica alla musica di Edward Elgar e non sarà nemmeno l’ultimo. Per fortuna, diciamo noi, visto il livello di questo e dei precedenti. Elgar, che è stato, praticamente fin dal primo giorno, patrimonio esclusivo dei musicisti britanni ci, ora vede fiorire una nuova stagione grazie ad un’orchestra inglese e ad un direttore italiano. Il quale lo legge facendo tesoro delle sue competenze wagneriane, mahleriane e straussiane e, molto significativamente, della sua capacità di andare oltre le apparenze che, per molti musicisti, anche noti, hanno fatto di Elgar un compositore unicamente nostalgico e decadentista, incapace di creare una di mensione immaginaria che superasse le mode dell’Inghilterra di fine Impero. Giuseppe Sinopoli, ancora una volta, prende il diavolo per le corna ed affronta la musica elgariana andando diritto alla sua radice, ripensandola, cioè, al di fuori di qualsiasi schema costituito. A sua disposizione ha la migliore orchestra londinese, la quale è una fra le pochissime veramente eccellenti in campo internazionale: la Philharmonia, pur avendo Elgar nel sangue per ragioni storiche, riesce a farne scaturire una linfa nuova, proprio per il fatto che è un’orchestra giovane, moderna, che per la media stessa dell’età dei suoi componenti non può vivere a rimorchio della cosiddetta tradizione. Sinopoli, dunque, lavora pressoché su un terreno vergine, a contatto con una compagine che lo ha seguito in entusiasmanti avventure mahleriane, straussiane, bruckneriane, pucciniane, che “sente” il suo direttore in maniera straordinaria.
La Prima Sinfonia elgariana è un’opera di grande respiro e di grande ricchezza di elaborazione, la quale trova la sua originalità proprio nella maestria dell’orchestrazione e della ricerca degli equilibri, combinata ad un’ispirazione sempre intensa e felice. Si tratta di una pagina che richiede di essere capita a fondo, per essere resa nei suoi più profondi significati, altrimenti c’è il pericolo di perdersi nella sua dimensione pressoché oceanica. Non siamo agli estremi delle Sinfonie di Mahler, ma la durata del primo movimento, ad esempio, è di ragguardevolissimi venti minuti.
Sinopoli, come è sua abitudine, segue un percorso netto, nell’addentrarsi nei meandri di questo lavoro: i giochi di luci ed ombre, però, non perdono nulla del loro mistero, proprio perché la direzione del maestro italiano è calata in una varietà di registri impressionante. Eppoi c’è sempre quel respiro intenso, ampio, che Sinopoli riesce a reggere con naturalezza estrema. Se per molti quella della Prima Sinfonia di Elgar sarà una scoperta, quella delle due Marce da Pomp and Circumstance sarà un reincontro con brani celebri: ve lo ricordate il film L’arancia meccanica di Stanley Kubrick?
Se esiste un esempio lampante di come si faccia a togliere la polvere alla musica abusata, questo sta nell’esecuzione delle due celebri Marce elgariane secondo Giuseppe Sinopoli. Ascoltatevi i due “Trii”: con quale arte il maestro italiano ne di pinge la drammatica nostalgia, che non è patetismo; oppure ascoltatevi i due inizi, o i due finali (questi ultimi riprendono, amplificandola dinamicamente, la melodia dei “Trii”) per poter constatare come questa musica, in origine, è preziosa, affascinante.
di Fernando De Carli,
tratto da un’intervista del 1992 sulla rivista Musica 75.